VOCAZIONE CHE FIORISCE
Ho frequentato il GIM (Giovani impegno missionario), dove la “musica” che aveva iniziato ad attirarmi in quella veglia pasquale si è fatta così forte che il desiderio di mettermi a danzare non ha più potuto essere ignorato. Il «Filippo, va’!» di Atti 8, invito a raggiungere il carro dell’eunuco etiope, è diventato un «Daniela, va’!» e ho così iniziato la mia avventura con le Suore comboniane.
Ho professato nel settembre del 2003 e due mesi dopo, in piena notte, contemplavo dal finestrino dell’aereo una vista mozzafiato: Dubai, un diamante di luci e la mia prima missione. Lì, nella St. Mary School, crocevia di nazionalità diverse con studenti figli e figlie di migranti, Dio ha realizzato il mio sogno di bambina: insegnare. «Per stringere tra le braccia e dare un bacio di pace ai miei fratelli (e sorelle)», verso ispirato a Comboni e cantato mille volte nel tempo del Gim e della formazione, era diventato realtà. Ho passato tre anni bellissimi, godendo appieno della fortuna di stare con loro: sono passata dal sedermi in classe con i bambini di sesta mentre rispolveravo il mio inglese a insegnare matematica all’undicesima in inglese!
FRUTTI MATURI
Poi una telefonata dalla Superiora generale: «Ti chiederei di andare in Etiopia». Etiopia!? Immediata l’eco di quel brano degli Atti: «Daniela, va’!», e nel giro di una breve telefonata il mio mondo è cambiato e si è arricchito dell’immensa benedizione di 12 anni di vita bellissima e laboriosa, insegnando e dirigendo la St. Daniel Comboni Secondary e Preparatory School di Hawassa. Ho vissuto appieno e con meraviglia la mia maturità: sono diventata un albero nel giardino dello sposo del Cantico dei Cantici i cui frutti sono stati colti a piene mani da insegnanti e studenti, collaboratori e consorelle: forse uno di quei maestosi alberi di avocado che là sono così comuni! «Vita piena e abbondante», direbbe il Vangelo di Giovanni. «Saran beati di offrirsi a perder tutto», direbbe Comboni.