Dal settembre 1970 all’ottobre 1976 “Madre Federica”, così la chiamano le comboniane che l’hanno conosciuta, assume un compito particolarmente gravoso: il riaffermato fine “esclusivamente missionario” della congregazione impone di chiudere tante comunità che in Italia e altrove avevano svolto una funzione importante ma non finalizzata a far conoscere il Vangelo “a popoli che non lo conoscono”.
In Italia, centinaia di missionarie che erano impegnate nelle cliniche, negli ospedali e nelle scuole, sono invitate a “partire”; lo stesso avviene a Londra; al Cairo e ad Asmara l’invito è a lasciare la città per i villaggi. Recidere i legami è doloroso e le resistenze non si fanno attendere.
PASTORA “RICCA DI FEDE”
Nel febbraio 1971, dopo aver visitato Etiopia, Kenya, Uganda, Congo e Sudan, suor Federica scrive una circolare da Khartoum: rinvia ai Documenti capitolari e invita al “rinnovamento” da assumere come sforzo condiviso e radicato in una profonda conversione personale. Gli “ideali” necessitano di decenni per diventare “prassi”, e Federica (ricca di fede) si adopera subito a realizzarli: «Con tranquilla audacia infrange piedistalli, barriere e postazioni per creare nuovi ideali e nuovi ritmi in conformità alla storia presente».
Non teme l’insuccesso, ma è cosciente della sofferenza che le scelte indicate dal Capitolo provocano. «È legge della vita stessa che ogni sviluppo sia accompagnato da un travaglio più o meno forte a seconda del frutto che è destinato a portare», scrive nella sua prima lettera circolare il 27 ottobre 1970; dopo quasi due anni ripete: «È una sofferenza di purificazione e rinnovamento che deve essere vissuta da tutte nella certezza che da essa sorgerà una vita più nuova».
COLLABORAZIONE E…
Il rinnovamento inizia a trasformare lo stile della formazione, prospetta nuovi ambiti di preparazione accademica e di servizio missionario, incoraggia una maggiore collaborazione ecclesiale per la missione e promuove una graduale “africanizzazione” delle opere attraverso le congregazioni locali fondate dalle stesse Pie Madri della Nigrizia.
Il 19 aprile 1972, in occasione del centenario della congregazione, all’udienza privata con Paolo VI Madre Federica si presenta con la sua vicaria, Fiorentina Buontoso, e Francesca Ongura, vicaria generale delle suore ugandesi Little Sisters of Mary Immaculate di Gulu; lei rappresenta le varie congregazioni che realizzano il Piano di Daniele Comboni: «Salvare l’Africa con l’Africa».
… CORRESPONSABILITÀ
In alcune Pie Madri i cambiamenti generano disagio e talvolta anche ferite dolorose. Il 7 marzo 1973 lei esorta tutte: «La congregazione sei tu, sono io, siamo noi. Chi abbassa il livello della nostra bella famiglia missionaria? Sono io, sei tu. Chi permette alla linfa dello Spirito di passare a dar vita, vigore, fecondità a questa stessa nostra famiglia? Sono ancora io, e sei ancora tu; siamo noi; è la mia e la tua preghiera» .
Le “pacifiche rivoluzioni” prospettate dai Documenti capitolari procedono, ma lentamente, perché l’individualismo e l’attaccamento alla “propria” missione sono ostacoli tenaci.
MISSIONE DALLA CONTEMPLAZIONE
Attraversando il guado dal “passato” al “futuro” pesa la mancanza di certezze: «Dove stiamo andando?». Il peso delle critiche diventa più leggero grazie a tempi prolungati di contemplazione e meditazione biblica. È Madre Federica che nel 1974 scrive una circolare da Betania (Gerusalemme) e nel 1972 aveva già affermato: «Abbiamo tutte tanto da fare, a volte ci rassegniamo ad essere sopraffatte dal lavoro e non troviamo tempo per la riflessione, la meditazione, la contemplazione. Ci occorre l’esperienza della preghiera, che otterremo pregando. La nostra apostolicità non nasce necessariamente da ciò che noi “facciamo” quanto piuttosto da ciò che noi “siamo”, anche perché oggi molti fanno quello che noi facciamo senza essere quello che noi siamo».
E IL RINNOVAMENTO CONTINUA...
Di Capitolo in Capitolo, il tratto missionario delle Pie Madri della Nigrizia si accentua: si espande in senso geografico e si riconfigura nelle attività. Al 31 dicembre 1969 ci sono 2.162 comboniane; l’età media è di 47 anni (solo 18 sono ultraottantenni). 107 sono nelle missioni del Medio Oriente, 135 in quelle delle Americhe, 920 in Africa, di cui 337 in Egitto e 213 in Eritrea, e 1.000 in Europa, di cui 830 in Italia; ma presto il panorama cambia: nel 1972 le Pie Madri arrivano in Messico, nel 1973 in Ciad, nel 1975 in Zambia.
Nel 1976 Fiorentina Buontoso raccoglie a fatica il testimone da Federica Bettari e nel 1977 inizia la presenza a Dubai (Emirati Arabi) e in Austria, e nel 1979 in Perù. Con la sua morte prematura, nel 1980 Emilia Grassi ne raccoglie il testimone e dopo sei anni lo passa a Giuseppina Tresoldi. Il nuovo testo della Regola di Vita viene finalmente approvato nel 1987: recepisce l’essenziale dei corposi Documenti del 1970 e conferma l’impegno delle Pie Madri a essere “donne del Vangelo” in ascolto dei segni dei tempi e dei luoghi.
… NEL “TRAVAGLIO”
Per l’imperversare della guerra civile in Sudan, Uganda, Congo-Zaire e Mozambico, dalla fine degli anni Settanta molte comunità vivono nell’insicurezza; per accompagnare i profughi mozambicani, nel 1989 viene aperta anche una comunità in Malawi.
Nel 1991 le Pie Madri raggiungono la Costa Rica e nel 1997 il Camerun e il Togo.
Di mano in mano passa il testimone della staffetta del “rinnovamento”: nel 1992 lo raccoglie Mariangela Sardi e durante il suo mandato viene riconosciuto il valore missionario di Daniele Comboni, proclamato “beato”. Nel 1998 si svolge l’ultimo Capitolo generale del XX secolo e la congregazione esplora una presenza missionaria anche in Colombia e in Germania.
Al 30 giugno 1998, le comboniane sono 1.812 e l’età media è di 63 anni. 72 sono nelle missioni del Medio Oriente, 176 in quelle delle Americhe, 771 in Europa (di cui 701 in Italia) e 793 in Africa, di cui 148 in Egitto e 122 in Uganda. Delle 214 Pie Madri ultraottantenni, 174 sono in Italia accolte in apposite comunità.
UN VOLTO SEMPRE PIÙ VARIOPINTO
Con la secolarizzazione del post-sessantotto le vocazioni religiose crollano in Italia ma crescono altrove. Nel 1970, delle 59 partecipanti al Capitolo generale soltanto due (del Regno Unito) non erano di nazionalità italiana, ma la congregazione era già internazionale: come osservatrici al Capitolo c’erano la brasiliana Amine Abrahão, rappresentante delle suore giovani insieme a Donata Pacini, l’egiziana Catherine Absi Moussa, l’eritrea Manna Ghebremedhin Bairai, la statunitense Bernadette Hilmer e la spagnola María Jesús Jauregui González.
Da allora i Capitoli generali assumono un volto sempre più internazionale, e in quello del 1998 su 62 partecipanti quelle di nazionalità italiana sono 30: le altre provengono da una molteplicità di altri Paesi, a esprimere la varietà culturale di una congregazione costituita da missionarie di 26 differenti nazionalità.