Era il 6 dicembre 1918 quando le prime Suore missionarie comboniane arrivarono a Gulu, nel Nord dell’Uganda. Erano partite in cinque da Khartoum, capitale del Sudan: Carla Troenzi e Camilla Uberti venivano da quella missione, mentre Amalia Lonardi, Rosalba Girlanda e Luigia Quaglia arrivavano dall’Egitto. I missionari comboniani presenti dal 1910 nella Perla dell’Africa – così è chiamata l'Uganda – avevano constatato che senza la presenza femminile raggiungere le famiglie locali era pressoché impossibile.
Accompagnate da padre Antonio Vignato, missionario comboniano in Uganda, le cinque pioniere avevano navigato sul Nilo fino a Rejaf, situata a pochi chilometri a sud di Juba, e poi avevano continuato a piedi, attraversando savana e foresta.
Quel viaggio era durato più di un mese, con quindici giorni di marcia da Rejaf a Gulu, tragitto che oggi in auto richiede poco più di due ore. Durante il percorso le aveva raggiunte una lieta notizia: l’armistizio aveva posto fine alla Prima guerra mondiale. Un auspicio di pace per l’arrivo delle missionarie comboniane a Gulu, accolte da un tripudio di folla e scortate con giubilo fino alla missione.
L’alloggio era essenziale: una capanna di mattoni crudi con tetto di paglia, letti da campo e qualche sedia; ma l’incontro con la popolazione fu da subito meraviglioso e i frutti non si fecero attendere: impegnate nella scuola materna e nell’accompagnamento dei catecumeni, prima ancora di conoscere la lingua locale le cinque pioniere cominciarono a visitare i villaggi. L’iniziale diffidenza degli abitanti si trasformò in grande affetto: il pavimento della veranda delle comboniane venne presto solcato dall’andirivieni delle gente. E dopo neppure un anno dal loro arrivo, a Gulu erano già “nate” 17 famiglie ugandesi cattoliche.