Opit, un piccolo centro nella savana a circa 50 chilometri da Gulu.
Durante la guerra civile che ha insanguinato la regione dal 1986 al 2006, la popolazione lo lasciò per trovare rifugio nei campi profughi. Alla fine del conflitto, torna malata, debilitata e fragile. Trova tutto distrutto; non ha più nulla, se non un grande desiderio di ricominciare.
L’Associazione Comboni Samaritans of Gulu si rende presente per affrontare l’emergenza, ma mira a interventi di più lungo termine. Costituisce 15 gruppi, dislocati anche nei luoghi più sperduti della savana; ogni gruppo è formato da 15 famiglie, fra le più fragili della zona; ogni familiare partecipa. Grazie al contributo dell’associazione “Padre Sandro Pizzi”, a ogni gruppo vengono affidati quattro buoi per arare e due aratri.
All’insegna dell’«oggi nel mio campo, domani nel tuo…», le famiglie iniziano a lavorare insieme quella terra rimasta incolta per decenni. Seppur di clan diversi, si sostengono a vicenda fino alla semina. Ogni famiglia, a turno, si prende cura dei buoi e con un piccolo fondo paga il veterinario. Arare con i buoi facilita un raccolto abbondante, e i gruppi decidono di condividerne ogni anno una parte con chi è più svantaggiato di loro.
Altri raccolti
Incoraggiati dal riscontro positivo, i Comboni Samaritans of Gulu decidono di avviare un ulteriore percorso, chiamato Participatory Learning Action (Pla), basato su partecipazione attiva, solidarietà, condivisione e impegno a costruire la “casa comune”. Ogni settimana le famiglie coinvolte si incontrano per riflettere e prendere coscienza delle cause delle loro povertà: alcolismo, sottoalimentazione, malattia, violenza domestica, mancanza di educazione. Aiutate da un coordinatore, si adoperano ad affrontarle insieme.