Da schiave a motore del progresso Giovani ragazze durante l’esame per diplomarsi in ostetricia. Bresciaoggi
Martedì, 03 Luglio 2018 08:28

Da schiave a motore del progresso

Condividiamo la storia di sorella Carmel Awbot e il dottor Maurice Okao, persone che hanno reso possibile il concetto di "salvare l'Africa con gli africani".

Sorella Carmel Awbot e il dottor Maurice Okao sono il simbolo di quello che in modo lungimirante già nell’800 era il progetto di Padre Comboni, ovvero «salvare l’Africa con gli africani».

Un’idea che oggi diventa ancora più attuale vista l’ondata di profughi con divisioni e polemiche che sta mettendo a rischio la stessa tenuta dell’Unione europea. Ebbene, qui nel nord dell’Uganda, in mezzo al nulla, nell’ospedale di Kalongo, fondato da Padre Giuseppe Ambrosoli c’è l’immagine più chiara di ciò che significa dare una occasione professionale ai popoli africani.

Sorella Karmel Awbot è una delle anime di Kalongo. È direttrice della scuola di ostetricia. Quella per cui Padre Ambrosoli ha dato la vita. Quando parla ha il sorriso di una giovinetta, ma le sue alunne sanno che durante i corsi è meglio non sgarrare. Perché la «sister» (qui la chiamano così), sempre fasciata in una divisa bianca stirata impeccabilmente e con i gradi sulle spalline, è severa che con gli altri come con se stessa. E non si fanno sconti.

D’altra parte la sua responsabilità è enorme: da questa scuola, una delle migliori dell’Africa orientale, escono le ostetriche che dopo il corso dovranno «fare da sole» magari in villaggi sperduti e in strutture di fortuna. Dovranno affrontare partorienti con gravi problemi in un Paese dove la mortalità infantile è tra le più alte del mondo. Sister Carmel ha vissuto la guerra. La ferocia della marmaglia di Joseph Kony, lo spietato e folle capo guerrigliero che con i suoi bambini soldato (drogati e armati fino ai denti) portava il terrore anche in queste terre. Si è trovata nel centro della battaglia quando l’ospedale era sulla linea del fronte. E ha visto sparire tante ragazze rapite e rese schiave nella savana.

«Erano giorni terribili - racconta - quando arrivavano gli assassini la gente fuggiva verso l’ospedale. Noi accoglievamo i feriti, sia ribelli che governativi. Gli altri dovevano restare fuori altrimenti avrebbero bruciato la struttura. Quei volti feroci e quegli sguardi resi folli dalle droghe non li posso dimenticare». «Un giorno la situazione si era fatta insostenibile e ho detto alle ragazze. Voi scappate, io resto. Devo proteggere la scuola. Loro mi hanno guardato coi visi terrorizzati ma hanno risposto: no sister, se resti tu rimaniamo anche noi...».

«Ora molti di quei bambini-soldato sono tornati in paese - prosegue Sister Carmel - erano stati rapiti da Kony, hanno fatto cose atroci ma anche loro vogliono dimenticare. Purtroppo finiscono alcolizzati e depressi. Il tasso di suicidi dopo la guerra è stato altissimo».

Quando gli chiediamo della scuola le si illuminano gli occhi. «Queste ragazze sono la mia vita e la speranza per l’Africa. Qui vengono da tutto il Paese e oltre. Ho diplomato più di 1.400 ragazze. La selezione è forte: lo studio è pesante e pretendiamo anche la massima disciplina. Ma alla fine meno del 5% lascia la scuola». E i nuovi progetti? «Il prossimo passaggio che vorrei realizzare sarà la laurea in ostetricia». «La presenza di queste ragazze nei villaggi va al di là dell’aspetto medico - termina la Sister - perché in una società in cui la donna è una schiava, nata solo per servire e fare figli, queste ragazze diplomate e culturalmente progredite diventano anche cellule di cambiamento». 

Last modified on Martedì, 03 Luglio 2018 08:44

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