Il 9 aprile lasciai Kampala diretta al Nord. Dopo una breve sosta ad Aber, giunsi a Gulu. Da quel giorno vennero bloccati i telefoni e non potei più comunicare né con Kampala, né con Moroto e Arua. Il giorno 10 partivo verso Lira, passando per Aboke-Alito. Spesi la notte a Lira e la mattina dell’11 giunsi a Kitgum. La situazione era dovunque molto tesa, ma le sorelle si mostravano serene, senza escludere momenti di spavento e grande incertezza. Dispensari e ospedali funzionavano ovunque a ritmo accelerato.
La notizia della presa di Kampala da parte delle forze tanzaniane mi raggiunse a Kitgum. La radio diceva che il 10 c’era stato su Kampala un continuo e pesante bombardamento. La notizia della presa della capitale gettò tutto il Paese in un forte disorientamento. Iniziò un fuggi fuggi generale da parte dei soldati di Amin. Il Venerdì Santo Kitgum era deserta. Le autorità civili, i soldati e i proprietari dei negozi, quasi tutti sudanesi, erano scappati durante la notte. Anche a Kalongo i cento soldati che circondavano l’ospedale erano fuggiti.
Con padre Ambrosoli raggiungemmo Aliwang. Anche le sorelle di questa comunità avevano avuto i loro spaventi. Ripartimmo da Kalongo il Sabato Santo: la strada per Gulu era quasi deserta, ma, arrivate in città, spari e mitragliate annunciavano una situazione spaventosa.
Raggiungemmo la missione: era piena di soldati in cerca di macchine e benzina; scavalcavano cancelli e siepi, e suore e missionari tentavano di calmarli con gentilezza. Dovunque si sentivano spari e grida. L’ospedale di Lacor accoglieva feriti di ogni partito e faticava a tener lontano i soldati che volevano saccheggiarlo. Dal pomeriggio del 15 aprile fino al 20 maggio soldati di Amin in fuga verso il Sudan e il West Nile passano da Gulu.
Lira e il ponte di Karuma vennero liberati il 15 maggio. All’alba del 20 maggio l’esercito di liberazione (Unla) entrava in Gulu senza combattere, accolto con grida di gioia dalla folla che danzava. Ci sembrava di sognare: eravamo libere e salve.
Purtroppo, però, la vittoria fu bagnata dal sangue delle vendette: le missioni si riempirono di sostenitori di Amin braccati dagli Acioli.
Le comunità di Aber e Lira sono state letteralmente saccheggiate. L’ospedale di Aber fu bombardato dai cannoni dei soldati di Amin e le suore vennero protette dalla gente del villaggio. La missione di Ngetta-Lira fu occupata dai soldati. Dopo l’uccisione dei due missionari comboniani di Pakwach e i disordini causati dagli ex-soldati di Amin allo sbando, le missionarie nel West Nile ripararono in Zaire.
In Uganda stiamo vivendo l’esperienza di una distruzione quasi totale: materiale e morale. Edifici e città crollate, ma anche valori spirituali distrutti. Ci vorrà pazienza, coraggio e speranza per cominciare di nuovo, ma non abbiamo paura.