La Tratta, soprattutto in Africa, è stata inizialmente equivocata, poiché è stata inquadrata da operatori sociali e religiosi, giuristi e forze dell’ordine, come questione di genere (la prevaricazione del genere maschile su quello femminile) riferita a soggetti vulnerabili o marginali (giovani donne migranti naïves).
Questo, perché ad attirare l’attenzione della comunità internazionale è stato soprattutto lo sfruttamento sessuale, ambito nel quale sono coinvolte principalmente donne e minori (questi ultimi, di entrambi i sessi).
Ciò nonostante, sin dai primi anni Novanta, cioè dall’inizio della globalizzazione, sono emerse situazioni di sfruttamento, spesso coercitivo, di migranti, in tutte le aree sviluppate del mondo. Per questo motivo, il numero di persone coinvolte, siano esse adulti o minori di entrambi i sessi, aumenta costantemente e con loro le più disparate tipologie di sfruttamento in ogni settore dell’economia.
Dovranno passare dodici anni dall’approvazione della definizione per ascoltare da
un’esponente religioso, papa Francesco, e da uno politico, Barak Obama, parole ferme sulla Tratta come fenomeno totale di sfruttamento fisico, economico, sessuale e psicologico di uomini, donne e bambini, che incatena decine di milioni di persone alla disumanizzazione e alla umiliazione e perciò degno di attenzione e preoccupazione perché, a livello individuale, minaccia il senso stesso di umanità; a livello comunitario, minaccia il tessuto sociale e ogni attività economica, distorcendo il mercato; a livello di Stato, perché alimenta la violenza e il crimine organizzato.
Relazioni disumanizzanti
Per mettere il fenomeno Tratta nella giusta luce è necessario comprendere perché siano comparse dinamiche relazionali umane che si pensava essere state debellate da tempo. Perché, per decidere di abusare di una persona, a volte appartenente al circolo familiare o amicale, quindi affettivo, serve un’etica, uno spirito del tempo che sorregga e giustifichi tale azione.
In tale quadro sembra che in questi primi vent’anni la globalizzazione abbia favorito l’emergere di una nuova etica, che potremmo chiamare della sopraffazione, caratterizzata dai seguenti elementi costitutivi:
• Il cambiamento nella percezione dell’altro. La perdita dei valori solidaristici, non più desiderabili, fa sì che l’altro da sé non sia più percepito come alleato nel percorso di emancipazione verso il miglioramento delle condizioni di vita e del proprio status sociale. Viceversa, può diventare una minaccia.
• La distinzione delle persone in cittadini di serie A e B. Questa distinzione si può osservare in tutte le metropoli, dove coesistono due classi tra loro interrelate, i professionisti e i servitori, che, nonostante siano legati a doppio filo, non incrociano mai le loro strade. Peraltro lo status delle persone non è raggiunto secondo una logica meritocratica: studio, applicazione, dedizione ecc.
L’adesione dei singoli a questa logica è il vero elemento discriminante fra la vecchia schiavitù e le nuove forme di sfruttamento: oggi le persone sfruttate sanno di esserlo, ma raramente si oppongono, perché si sono arrese al verdetto della loro inferiorità e sanno che per raggiungere i loro obiettivi devono sopportare la dura realtà. Non sono portatori di istanze politiche alternative.
Nella teorizzazione marxista la classe proletaria si prefigge di rovesciare il capitalismo spezzando, in primo luogo, le sue istituzioni. Oggi si assiste al contrario: all’acritica aspirazione della massa dei deprivati, di “chi non ha”, a entrare nel mondo di “chi ha”, e a qualsiasi prezzo.
La Tratta esce così dal corridoio concettuale dello sfruttamento di genere, o delle relazioni devianti di una minoranza marginale appartenente al mondo della criminalità, e diventa l’indicatore che codifica le interazioni umane negli anni della globalizzazione.
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