Penso che la mia vocazione missionaria, poi definitasi più specificamente come “comboniana”, sia nata negli anni della mia adolescenza a contatto con un sacerdote che amava la gioventù e la montagna, e che aveva capito come gli anni e le energie turbolenti di alcune di noi erano la pedina per lanciarci nel mondo della solidarietà e della povertà.
E così fu.
L’invito di Enrica
A partire dal contatto con la povertà sociale locale, ho anche incontrato l’Africa e i suoi bisogni. Non ero vicina al mondo religioso femminile, ma allora vivevo tra Milano e Lazzate, il paese di suor Enrica Lomboni. una vera figlia di Comboni, innamoratissima di Dio e del popolo mozambicano. Discreta e semplice, molto affabile, comunicava il Vangelo con il suo sorriso. Una domenica Enrica mi chiede di accompagnarla in auto a Buccinigo d’Erba, dove c’è tuttora una casa delle Comboniane.
Le parole di Regina
Mentre Enrica dialoga con una suora, io rimango in portineria ad ascoltare Regina, che era stata espulsa anni prima dal Sud Sudan. Quel giorno sono tornata a casa “trasformata”: ho avvertito pressante l’invito del Signore a continuare a cercare la mia via tra le Comboniane. Sapevo che questo implicava di lasciare il mondo che amavo, le montagne, la ricchezza di cultura e di amicizie che avevo a Milano, e anche il futuro brillante che mi si prospettava. È un periodo di profonda lotta interiore, ma alla fine mi butto nel mondo di Dio e della Sua missione con le Comboniane.
Il 1° ottobre del 1966 inizio il cammino formativo e la responsabile del noviziato mi incoraggia: «Ora scalerai la montagna di Dio».
Prima sorpresa: l’America!
Che bello unirmi alle Comboniane per vivere con loro l’avventura missionaria in Africa!
Ma, dopo la professione religiosa, Dio ridisegna la mappa geografica che la vocazione comboniana mi aveva prospettato, e nel 1970 mi porta in America. Negli Usa, per anni, mi arricchisce della presenza di tante sorelle e fratelli.
Suor Lucia Paganoni accompagna la mia prima esperienza missionaria: quando non si parlava ancora di inculturazione, acculturazione, ecc., lei con l’esempio pone le basi della mia formazione missionaria e mi spalanca le porte della variegata società civile e religiosa statunitense. Con la sua testimonianza di intelligenza, fede, amorevolezza e dirittura di pensiero mi avvicina di più alla congregazione e al mondo contemporaneo.
Il contatto con l’Africa
Dopo 13 anni negli Usa, sono destinata a Juba, in Sud Sudan, dove incontro Giovannina Zucca: la sua audacia, creatività e dedizione missionaria rendono Dio visibile. Il suo coraggio, la sua fiducia nella gente, il suo amore per la congregazione, per ciascuna di noi e per il popolo del Sud Sudan mi hanno plasmato e aiutato negli anni che ho trascorso in quel Paese profondamente ferito dalla guerra. Mi ha ispirato anche quando vi ho svolto un servizio di leadership.
Lo stile sinodale dell’autorità
Nel 1992 partecipo al Capitolo generale e vengo eletta consigliera generale. Per sei anni ho vissuto con suor Mariangela Sardi come superiora generale. Non la conoscevo prima, e ho scoperto una magnifica donna di comunione, di ascolto e di accoglienza. Sempre attenta a ogni sorella, era allo stesso tempo una donna umile e di grande valore.
Con lei e con le sorelle del Consiglio ho sperimentato «comunione di spirito, intenti e indirizzi», la vita comunitaria di cui la nostra Regola di Vita parla e che Mariangela, con il suo stile sinodale, rendeva realtà.
Tante piccole luci
Queste sorelle riflettono per me l’Evangelii gaudium di papa Francesco: la gioia del Vangelo.
Sono state “discepole missionarie” con la disposizione permanente di portare al prossimo l’amore di Gesù «spontaneamente in qualsiasi luogo, nella via, nella piazza, al lavoro, in una strada…» (EG 127). Mi hanno dato fiducia, forse anche inconsapevolmente, e nel passarmi la fiaccola del carisma comboniano al femminile mi hanno aiutata a essere evangelizzata.
Ci sarebbe una lista infinita di piccole luci che hanno illuminato il cielo della mia esistenza missionaria, ovunque il Signore mi abbia voluta: anche in Europa e in Medio Oriente, dove vivo dal 2018. Ogni sorella che il Signore ci pone accanto partecipa alla staffetta comboniana che trasmette il testimone: a ognuna va il mio grazie riconoscente e l’augurio di continuare a correre verso la meta.
Con l’aiuto e la guida dello Spirito, spero di aver collaborato con Dio a passare il testimone ad alcuni gruppi di fratelli e sorelle: noi siamo invitate a seminare nella fedeltà e nella gioia.
Oggi, guardando in retrospettiva, non ho che un sentimento da vivere: la gratitudine.
E per questo mi piace cantare il Magnificat.