Che significato assume questo primo Sinodo dedicato ai giovani?
A mio parere esprime un impegno nuovo del popolo di Dio verso i giovani e con i giovani, improntato anzitutto ad ascoltarli.
La metodologia dell’ascolto era già stata avviata da papa Francesco in preparazione al primo Sinodo sulla Famiglia, ma è stata decisamente ampliata e perfezionata e ha garantito un coinvolgimento ben maggiore. Le risposte al questionario che le diocesi hanno inviato sono state molto più numerose rispetto a quelle pervenute per il Sinodo precedente: associazioni, gruppi e movimenti giovanili hanno presentato il loro punto di vista; lo scorso marzo a Roma la riunione pre-sinodale, con trecento giovani da tutto il mondo, è stata un momento di grazia... e a loro dobbiamo aggiungere i 15.000 giovanissimi che sono intervenuti via social media.
In verità, questi numeri sono bassi rispetto ai milioni di giovani che sono solitamente coinvolti nelle varie realtà ecclesiali: scuole e università, movimenti giovanili e oratori-centri giovanili, parrocchie e svariate altre forme di aggregazione ecclesiale.
Forse non abbiamo fatto comprendere loro che il desiderio di ascolto era genuino e forse, come per qualsiasi evento mondiale, c’è da considerare anche il fattore linguistico. Il documento preparatorio e le schede di partecipazione alla riunione pre-sinodale, tradotti in cinque lingue, possono aver scoraggiato una più ampia partecipazione: di fatto, non tutte le Conferenze episcopali sono riuscite a tradurre il materiale nelle rispettive lingue nazionali e per le minoranze linguistiche all’interno dei vari Paesi, così da facilitarne divulgazione, studio, riflessione e condivisione.
Qual è, dunque, il bilancio provvisorio del processo di preparazione?
C’è stato un coinvolgimento diversificato secondo i contesti, gli ambienti educativi, le varie strutture ecclesiali: la prevalenza è quella di associazioni e movimenti giovanili internazionali che si sono fatti sentire, hanno contribuito con idee ed esperienze, hanno scelto di essere protagonisti di questo cammino in preparazione al Sinodo. Anche tanti giovani adulti che coordinano la pastorale giovanile nelle diocesi, più sensibili, hanno risposto al questionario e hanno condiviso volentieri azioni, scelte, fatiche e gioie.
Nella Chiesa non siamo ancora abituati a considerare l’ampia categoria dei “giovani” secondo la loro crescita educativa, graduale e in continuità: bambini, pre-adolescenti, adolescenti, giovani, giovani adulti. In questo senso gli adolescenti delle scuole cattoliche sono rimasti piuttosto ai margini. La responsabilità, però, è da attribuire a noi, educatori ed educatrici: forse non abbiamo creduto abbastanza nella loro partecipazione, non abbiamo fatto la fatica di raggiungerli là dove sono, di ascoltarli sul serio… Non crediamo che possano educarci ed evangelizzarci!
È quindi cruciale valutare il nostro coinvolgimento di adulti educatori/educatrici nella preparazione del Sinodo, come anche la capacità dei giovani stessi di contagiarsi tra loro per ampliare l’interesse per il Sinodo oltre i “circoli ecclesiali e associazionistici”, in un autentico movimento di uscita verso i loro coetanei di altre religioni, poco credenti, non credenti, impegnati civilmente per la giustizia, la pace e i diritti umani… o nelle mille situazioni esistenziali che aggregano il mondo giovanile. Sono «materiale di scarto», come dice spesso papa Francesco, e sperimentano in prima persona impoverimento, incertezza del futuro, disoccupazione, guerre…
Comunque, rispetto ad ogni Sinodo passato, lo sforzo del coinvolgimento è stato capillare; unico, per un Sinodo unico, di tutti e per tutti i giovani.
Un Sinodo oltre i confini della Chiesa, allora?
Decisamente! Questa volta il Sinodo è un Sinodo
per e di tutti i giovani!… anche di coloro che hanno una fede tiepida o che sono lontani dalla Chiesa.
Il cuore di Francesco e quello di tanti educatori ed educatrici vibra per bambini e adolescenti costretti a vivere da adulti e in situazioni esistenziali drammatiche. Tanti minori in età, in particolare giovani donne, sono oggi “periferia” in quanto il sistema dominante li priva di spazi di educazione, di istruzione, lavoro, gioco, tutela sanitaria, cittadinanza, libertà di scegliere e progettare il loro futuro individuale e sociale.