28 maggio 2020: il Brasile è il nuovo epicentro della pandemia Covid-19 e Manaus, capitale dello Stato di Amazonas, la città con il più alto tasso di contagi.
Alcuni membri dell’Equipe itinerante della Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) raccontano ciò che hanno visto: «Nell’Amazzonia brasiliana il virus ha iniziato a manifestarsi nelle grandi città che avevano più contatti con il resto del Paese. I primi casi si sono manifestati a Manaus, Parintins e Belém, ma subito si sono diffusi lungo il Rio delle Amazzoni: 14 delle 20 città brasiliane con il maggior tasso di contagi e decessi per Covid-19 sono dislocate lungo le rive del fiume. Il virus ha oltrepassato la frontiera con Perù e Colombia e continua la sua corsa mortifera».
L’Oms parla di 1000 decessi ogni giorno, ma non registra quelli nei villaggi più piccoli.
È storia che si ripete: al tempo della colonizzazione, molti popoli originari sono stati sterminati da malattie che non erano letali per gli europei: influenza, varicella e morbillo ne fecero strage. E la loro eliminazione sistematica è continuata nel secolo scorso, riducendoli a meno di 300.000 agli inizi degli anni Novanta. Negli ultimi decenni, grazie a interventi di tutela, il loro numero è aumentato. Il censimento del 2010 ne rilevava poco più di 800.000, ma con la pandemia rischiano un nuovo sterminio.
Il paradosso è che le popolazioni più falcidiate da questo virus sono proprio quelle che in Amazzonia difendono strenuamente la biodiversità, considerata un baluardo contro le pandemie.
E mentre Jair Bolsonaro continua a minimizzare la gravità di Covid-19, la Rete ecclesiale panamazzonica (Repam) si mobilita a livello internazionale per soccorrere le popolazioni indigene.
Perciò possiamo dire che il Sinodo per l’Amazzonia offre già un frutto molto concreto di solidarietà, che salva i popoli originari di quella immensa regione.