È notizia recente: il presidente uscente del Burundi, Pierre Nkurunziza è morto.
D’infarto o di covid-19?
Il 20 agosto prossimo avrebbe passato le consegne al suo successore, il generale Évariste Ndayishimiye, uscito vincitore dalle elezioni del 20 maggio: non si teme per il vuoto istituzionale, ma per una pericolosa omertà.
Il 31 marzo scorso il governo del Paese aveva segnalato i primi casi accertati di covid-19: due cittadini rientrati da Ruanda e Emirati arabi uniti.
Il 30 maggio, in anonimato, la moglie del presidente era stata ricoverata in un prestigioso ospedale di Nairobi per trattamento anti-covid. Una Tv locale aveva comunque dato la notizia.
Oggi la mappa interattiva del New York Times registra per il Burundi appena 83 casi accertati di covid e un solo decesso: certamente non quello del presidente.
Il Paese non ha assunto alcuna misura di contenimento del contagio, perché, a detta dello stesso Nkurunziza, «è benedetto da Dio», ma aveva espulso i rappresentanti dell’Oms il 14 maggio.
La situazione non è molto diversa in Tanzania, dove le autorità non divulgano la reale incidenza del contagio. Volontari italiani che lavorano in un ospedale confermano: dal 29 aprile nessun aggiornamento sui casi di covid-19. Il presidente, John Magufuli, è “negazionista”. Il 22 maggio affermava addirittura che il Paese aveva sconfitto il virus grazie alla preghiera. Ma lo stesso mese, 50 autotrasportatori tanzaniani, fermati alla frontiera con il Kenya, erano risultati positivi al tampone.
Anche in alcuni Paesi dell’Africa occidentale le autorità minimizzano. Gli effetti disastrosi del lockdown sull’economia di Paesi già fragili possono giustificare omertà e disinformazione?
Forse è meglio morire di covid-19 che di fame?
L’omertà, alla lunga, è sempre disastrosa: che si tratti di covid-19, di corruzione o di mafia.