Il 25° anniversario della storica Conferenza mondiale delle donne a Pechino nel settembre del 1995 è pressoché passato sotto silenzio: a settembre 2020 la pandemia non ha permesso celebrazioni, anzi, i suoi effetti disastrosi hanno gravato più sulle donne che sugli uomini. Anche l’appello del segretario generale dell’Onu in occasione della ricorrenza cade nel vuoto: «Viviamo ancora in un mondo dominato da una cultura patriarcale, e questo deve assolutamente cambiare».
In effetti, nel 2020 in Italia, con un milione di persone in povertà assoluta in più, è il 75% delle donne a rimanere senza lavoro e i femminicidi “in casa” sono addirittura aumentati.
Le proposte de Il cambiamento che vogliamo, presentate il 9 luglio 2020 da donne molto diverse per «provenienza storica e teorica» ma tutte riconosciute per la loro competenza ed esperienza, sono state semplicemente ignorate; la politica emargina le donne anche nella stesura del Piano nazionale di ripresa e resilienza e nel governo, in cui sono appena due le ministre di rilievo: Marta Cartabia alla Giustizia e Luciana Lamorgese all’Interno.
Il 2 marzo 2021, la sociologa Chiara Saraceno ha scritto su La Stampa: «Come se le donne, professioniste, esperte, studiose, politiche, non facessero parte integrante dell'insieme dei potenziali candidati alle varie posizioni che contano, ma costituissero un gruppo insieme separato e generico (o meglio, indistinto), e perciò anche un po' abusivo quando pretende di concorrere a posizioni che vengono ritenute appannaggio del club maschile, nella sua variegata articolazione di interessi e cordate. Accanto a una divisione del lavoro familiare fortemente asimmetrica e alla scarsità di infrastrutture sociali che la aggravano ulteriormente, è questa autoreferenzialità dei decisori che, in Italia più che altrove nelle democrazie sviluppate, rende difficile alle donne partecipare alla pari alle decisioni che riguardano tutti e tutte, mentre affida una grande responsabilità alle poche che ce la fanno».
Possiamo accontentarci di guardare oltre confine a Christine Lagarde, che guida la Bce dal 2019, a Ursula von der Leyen, che conduce la Commissione europea dal 2020, a Kamala Harris, vice-presidente Usa dal 20 gennaio 2021, e a Ngozi Okonjo-Iweala che dal 1° marzo è direttrice generale dell’Organizzazione mondiale per il commercio?
L’8 marzo, in Italia, cosa abbiamo da celebrare?
C’è chi, con collaborazioni trasversali, propone un confronto sulle “pari opportunità” o sulla inclusione finanziaria delle donne. “Non una di meno” indìce lo sciopero, mentre ci sono uomini che condannano la volenza contro le donne e alcune di quelle “che ce l’hanno fatta” sono liete di lanciare una proposta vitale per uomini e donne, bambini e bambine: altro che fiori di mimosa, si tratta di «nuove aree verdi pubbliche» con parità di genere! In nome della “salute circolare”, l’8 marzo 2021 Ilaria Capua e altre lanciano un progetto di bellezza per le nostre città.
Chi ci poteva pensare, se non le donne, “ostinate sorelle” della Terra?