La nostra identità non si appiattisce sul consumo: ridurre a merce ciò che accompagna e sostiene la vita quotidiana non sazia la ricerca di felicità.
Il “desiderio di desiderare” è alienante: «Abbiamo tutto – diceva Bauman sulla solitudine. - Abbiamo tutto quello che ci serve per evitare la fame, la miseria, la povertà, ma una cosa che non abbiamo, una cosa che non ci può essere fornita dallo Stato, dai politici che stanno in alto: è lo stare insieme agli altri, stare con altre persone, far parte di un gruppo. Di questo ti devi occupare tu. Le persone che sono abituate ad essere indipendenti stanno perdendo la capacità di accettare la convivenza con altra gente, perché sono già state private della capacità di socializzare».
Invece la felicità appaga: «… La vita felice viene dal superamento dei problemi, dalla lotta contro i problemi, dal risolvere le difficoltà, le sfide. Bisogna affrontare le sfide, fare del proprio meglio, sforzarsi. Si raggiunge la felicità quando ci si rende conto di riuscire a controllare le sfide poste dal fato».
Il lascito di Zygmunt Bauman è confermato da Elena Pulcini, docente di filosofia politica dell'Università di Firenze, che per anni ha analizzato la situazione di italiani e italiane.
La crisi ha creato tanto disagio, tanta vulnerabilità, soprattutto per la precarietà di casa e lavoro, ma ha anche fatto emergere forme di aggregazione generosa, dove è possibile vivere la solidarietà e sentirsi felici.
Nel suo libro, “Felicità italiane. Un campionario filosofico” (Mulino), emerge la felicità che scaturisce dal socializzare per superare insieme le sfide e i problemi.
L’apertura generosa ad altre persone rende felici e nutre la dignità.
La generosità è “felicitante”.
.... Una realtà che farebbe sorridere Bauman!