Un’incognita che pesa come un macigno.
È l’ordine di demolizione che dal 19 febbraio grava sulle 42 baracche del villaggio beduino di Khan Al Ahmer e sulla suo “scuola di gomme”, costruita nel 2009 senza fondamenta proprio per prevenirne la demolizione.
La Corte Suprema di Gerusalemme ha rinviato al 2 marzo la sentenza, che doveva essere eseguita il 23 febbraio.
La stessa incognita incombe anche sul vicino villaggio di Tabana, dove suor Agnese Elli e suor Azezet Kidane, missionarie comboniane, accompagnano le maestre della locale scuola d’infanzia.
A metà febbraio avevano condiviso con noi la gioia di queste giovani donne Jahalin, che insegnano nelle scuole e hanno lo sguardo rivolto alla dignità del proprio popolo. «Non abbiamo solo una piccola scuola d’infanzia, ma anche un centro comunitario! – diceva con orgoglio una delle insegnanti - La scuola è diventata un punto di riferimento per altre iniziative del villaggio tra cui: campi estivi, programma di dopo scuola, corsi di alfabetizzazione per le donne, educazione sanitaria. Essere un insegnante è la cosa migliore che poteva accadermi nella vita».
Il 20 febbraio i bulldozer e i soldati israeliani hanno demolito una casa, disseminando panico in chi ha assistito all’operazione, in particolare bambini e bambine. Il 27 febbraio altre due case potrebbero venir ridotte a macerie.
Siamo nella zona C della Cisgiordania, dove risiedono circa 7000 beduini e allevatori palestinesi. Le strutture sono davvero essenziali, perché qui non è possibile costruire; soltanto ristrutturare ciò che già esiste, come le baracche che danno riparo agli animali. Alcune sono diventate piccole scuole.
«Nel villaggio di Abu Nawar – dicono le due missionarie - i soldati israeliani fanno un sopralluogo quasi ogni mezzora, lasciando dietro di sé grande sconforto».
A metà febbraio la soddisfazione delle maestre nei villaggi beduini della Cisgiordania scintillava: «Questa esperienza di lavoro – diceva una di loro - mi ha aperto a altre realtà e, allo stesso tempo, ha ampliato gli orizzonti di tutta la comunità».
Ora prevalgono rassegnazione e angoscia.
Ma noi possiamo fare qualcosa: firmare subito la petizione!
La scuola di gomme è frutto della cooperazione italiana.
Entro il 27 febbraio la Corte Suprema di Gerusalemme senta la nostra voce, perché demolire la scuola equivale a calpestare la dignità del popolo Jahalin. E demolire le baracche in cui vivono è togliere loro spazi di vita. Una grave violazione dei diritti umani!