Non c’è limite alla crudeltà della guerra!
Le armi chimiche sono vietate, eppure le hanno usate anche il 5 aprile. E peraltro contro civili inermi. Anzi, contro bambini e bambine: trenta di loro hanno perso la vita in modo atroce, con una terribile fame d’aria.
Ma l’arsenale chimico di Bashar al Assad non era stato smantellato nel 2014, con una delicata operazione costata decine di milioni di euro?
Lo scorso febbraio Dacia Maraini, presentando a giovani e meno giovani di Verona, uomini e donne, il suo libro “La bambina e il sognatore”, affermava: «Se gli uomini praticassero di più l’amore materno ci sarebbero meno guerre!». E ricordando un incontro del 2013 con donne africane in Nigeria, ha precisato: «La guerra è una questione maschile: è un infanticidio ritardato. Per le donne e le madri non esisterebbe».
Davvero “prendersi cura” dei bambini e delle bambine potrebbe divenire un antidoto alla guerra, e alla violenza efferata che la pervade?
Una domanda che lasciamo sospesa, in attesa di risposta.
Ma nel silenzio dell’attesa facciamo eco ad Alessandra Smerilli, religiosa salesiana e docente di economia. Nelle scorse settimane aveva ricordato che ciò che ci rende più socievoli è il reciproco diritto a essere soccorsi, perché ciò che ci accomuna, uomini e donne, è la fragilità.
Sarà la “cura”, più coltivata anche dagli uomini, a scongiurare altre Iblid?