Quest’anno vi invitiamo a celebrare la Festa del lavoro con un tocco di “cura”.
La nostra Repubblica è fondata sul lavoro, come recita l’articolo 1 della Costituzione italiana.
Ma quale lavoro?
L’economista Luigino Bruni ci ricorda, nel suo libro Economia con l’anima del 2013, che «non tutto il lavoro fonda la Repubblica, ma solo quello degli uomini e delle donne libere, non quello degli schiavi e dei servi».
Si parla spesso delle nuove forme di lavoro “para-schiavistico”: quello controllato dai “caporali”, o quello delle donne e degli uomini vittime di Tratta. Si parla anche del lavoro dei tanti e tante lavoratrici precarie. «Si parla invece troppo poco - sottolinea il prof. Bruni - delle nuove forme di schiavitù di coloro che vengono considerati privilegiati: dirigenti e impiegati di medio e alto livello nelle grandi imprese multinazionali, che vengono pagati assai bene… ma che, di fatto rinunciano, più o meno consapevolmente, a crescenti fette di libertà, tempo, festa, famiglia…».
Già nel 2007 l’antropologa e attivista americana Riane Eisler aveva parlato di un altro lavoro, quello che il Prodotto interno lordo, il famoso Pil, continua a ignorare. In La vera ricchezza delle nazioni, libro tradotto in italiano nel 2016, la Eisler valorizza l’ “economia di famiglia” come settore principale e vero cuore di ogni produttività, e parla del “lavoro di cura” che la sostiene. Un lavoro fondante e gratuito. La motivazione che lo genera non è un compenso monetario, ma l’aver cura di sé e delle persone che si amano. Lo svolgono soprattutto le donne, ma in alcune società viene sempre più condiviso anche da uomini: sposi, papà, nonni, figli, nipoti.
Anche il lavoro volontario, con cui tante persone muovono quella che Riane Eisler chiama “economia di comunità non retribuita”, è ignorato dal Pil, eppure assume un valore immenso, perché è un altro lavoro di cura orientato al “Bene comune”.
Allora, mentre ci prepariamo a celebrare la Festa del lavoro, guardiamo oltre ciò che viene tradizionalmente considerato “lavoro”. Includiamo quel “prendersi cura”, silenzioso e prezioso; lavoro fondante di ogni società, che celebreremo con grande gioia e gratitudine il 1° maggio.