Inizialmente il Ministro dell’Interno aveva annunciato due decreti, uno sulla sicurezza e l’altro sull’immigrazione: interventi distinti per questioni differenti.
Non è chiaro con quale motivazione le due bozze siano poi confluite in un unico decreto: immigrazione e sicurezza.
Forse perché nella “popolazione carceraria” la percentuale “non italiana” è superiore rispetto a quella, di poco inferiore al 9%, registrata per la popolazione residente?
Secondo il Dipartimento di amministrazione penitenziaria, a fine 2017 nelle carceri la percentuale straniera era del 34,3%, ma veniva erroneamente percepita prossima al 50% a causa della propaganda elettorale.
Lo scorso febbraio una testata ha fatto notare, dati alla mano, che l’allarme urlato da alcuni politici risultava ingiustificato.
Si potrebbe peraltro aggiungere che spesso i mandanti delle stragi sono a piede libero, mentre gli esecutori materiali scontano la pena, e chi trasporta droga finisce in carcere, mentre chi ne alimenta il lucroso traffico fa la bella vita.
Per questo abbiamo un’ulteriore nota da aggiungere al coro di osservazioni sul decreto sicurezza: il fuorviante binomio “immigrazione-insicurezza”.
E sebbene, per esperienza diretta, comprendiamo la necessità di proteggere la cittadinanza e intervenire su alcune gravi disfunzioni del sistema di protezione internazionale, quali stipare centinaia di richiedenti in una tendopoli o in alberghi che non hanno più clienti, ci risulta davvero incomprensibile l’accanimento sul sistema Spar, che invece ha finora accompagnato un fruttuoso processo di integrazione.
Il “decreto Salvini” è pervaso da tante zone d’ombra e per la sua dubbia costituzionalità già circola una petizione al Presidente Sergio Mattarella.
Se la mobilitazione internazionale “online” ha fermato la potentissima multinazionale Monsanto, chissà se questa “protesta elettronica” potrà indurre il Ministro Matteo Salvini a sostare... per distinguere meglio ed evitare pericolose confusioni.