Avete sentito parlare della Marcia Perugia Assisi?
La 23° edizione si è svolta il 7 ottobre scorso, snodandosi per 24 chilometri. Nonostante la pioggia, è stata benedetta dalla presenza di oltre centomila persone, di cui diecimila giovani.
È una marcia che invoca la pace, la respira e la incoraggia. Ma a chi interessa? Pochi dei media principali ne hanno diffusamente parlato. Eppure erano anni che l’iniziativa non registrava una partecipazione così numerosa e variegata.
Nata nel 1961 per iniziativa di Aldo Capitini, ispirato alla protesta antinucleare anglosassone, testimoniava la solidarietà fra i popoli. Allora parteciparono circa ventimila persone, tra cui Renato Guttuso, Giovanni Arpino e Italo Calvino.
Questa edizione ha brillato per la partecipazione giovanile, coltivata nel corso dell’anno da percorsi educativi: venerdì 6 ottobre, 3500 giovani da 80 scuole di tutte le Regioni d’Italia erano già a Perugia nei 21 laboratori su “Diritti e responsabilità”. Per la marcia se ne sono aggiunti altri e altre 7000, a rappresentare la Rete nazionale delle scuole di pace che coordina circa 300 istituti.
È stato un evento intergenerazionale e inclusivo, in cui l’associazionismo laico e cattolico hanno camminato insieme, liberi da insegne di partito. Non è mancata la solidarietà a Domenico Lucano e al “modello Riace”.
Il messaggio finale della marcia canta la relazione umanizzante: «Basta all'individualismo e alla competizione che ci impediscono di rispondere ai bisogni delle persone. Costruiamo un argine alla violenza diffusa, al razzismo, alle discriminazioni, al bullismo, alle parole d’odio. Riaffermiamo il dovere umano di assicurare ad ogni persona dignità e rispetto; il principio universale di uguaglianza e di giustizia; il dovere di proteggere ovunque tutte le persone minacciate da violenze, guerre, persecuzioni, sfruttamento e sistematiche violazioni dei diritti umani. Osiamo la fraternità».
Parole importanti anche oggi, per la giornata dedicata alle bambine e alle ragazze, ancora troppo discriminate.
L’argine a ogni violenza, nucleare o familiare, incluso l’aborto adottato come “mezzo per regolare le nascite”, si crea anzitutto con l’educazione al rispetto.