I ministeri all’interno della storia della Chiesa antica e medievale hanno conosciuto molte trasformazioni, essendo compiti in movimento e non stabili, legati a differenziati ambienti culturali e territoriali; per questo il ruolo delle donne era molto più articolato e vivace di quello che normalmente si tende a pensare.
Sul diaconato femminile abbiamo molteplici testimonianze: testi neotestamentari, fonti letterarie, epigrafiche, liturgiche e canoniche ne attestano la presenza in Occidente, dal II fino al V secolo, e in Oriente fino al VIII. Già l’apostolo Paolo ne aveva richiamato implicitamente il ruolo allorché, scrivendo ai cristiani di Roma, aveva salutato la «nostra sorella Febe, diacono della chiesa di Corinto» (Rm 16,1). Personalità di spicco, forse lei stessa latrice della lettera alla comunità romana, Febe era persona autorevole con significativi compiti ecclesiali: aveva offerto protezione e ospitalità a molti cristiani, compreso Paolo, che l’aveva indicata, usando un termine maschile, come vera e propria patrono (prostatis).
Anche nella Prima lettera a Timoteo, in una Chiesa già strutturata in senso gerarchico, si parla del ministero diaconale, indicando le qualità umane e morali che uomini e donne dovevano assumere per questa funzione ecclesiale: «Allo stesso modo i diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino né avidi di guadagno disonesto, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. [...] Allo stesso modo le donne siano dignitose, non calunniatrici, sobrie, fedeli in tutto» (1Tm 3,8-11). Dunque, nelle comunità paoline e postpaoline esistevano donne con il ruolo di diaconato inteso come servizio regolare della Chiesa.
Per questo non è forse arbitrario pensare che l’evangelista Luca abbia voluto dare un’indicazione tipologica di questo ufficio usando il verbo “servire” (diakonein) per comunicare che le donne al seguito di Gesù servivano il Maestro (Lc 8,1-3).
Sappiamo bene, infatti, che le donne sono state discepole di Gesù fin da quando era in Galilea, presenti alla morte e testimoni di resurrezione, alle origini, dunque, della fede pasquale, depositarie della sua memoria, partecipi dell’evangelizzazione, apostole di Cristo Risorto.
Ministre
Un’importante attestazione della presenza del diaconato femminile presente nel cristianesimo dei primi secoli arriva da una lettera inviata all’imperatore Traiano, verso il 112 d.C., da Plinio il Giovane, governatore della Bitinia. In essa si parla di due schiave sottoposte a tortura, definite ministre, un termine che ci indica un ruolo rilevante e non certo marginale esercitato dalle donne nella Chiesa di Bitinia e che forse è la trasposizione latina di un originario “diacono”.
Nella Didascalia degli Apostoli (230 d.C. circa) le donne diacono, immagine dello Spirito Santo, sono annoverate tra i membri del clero (cap. IX). La loro funzione era perlopiù richiesta per motivi di decenza e opportunità, dovendo svolgere un’attività di assistenza femminile.
Collaboratrici del vescovo, il loro servizio poteva riguardare la catechesi e l’unzione pre-battesimale delle donne adulte, l’accoglienza dopo il battesimo, la cura delle ammalate, la preparazione delle defunte alla sepoltura, la cura del luogo di culto e delle suppellettili, la sorveglianza del buon andamento dell’assemblea liturgica, la preghiera liturgica, la proclamazione della lettura evangelica nelle comunità femminili, la distribuzione dell’eucarestia a donne e fanciulli (cap. XVI).
Il diaconato femminile era un ministero che, come ci attestano le Costituzioni apostoliche (380-400 d.C.), veniva conferito con un rito liturgico: con l’imposizione delle mani, con la preghiera di invocazione dello Spirito Santo (epiclesi) e con la consegna di stola e calice.