Le donne a Kabul hanno camminato con coraggio, e senza burqa, verso il palazzo presidenziale della capitale per chiedere ai talebani che i diritti, conquistati a fatica negli ultimi 20 anni, vengano rispettati.
Combonifem riapre, dopo la pausa estiva, con una newsletter che si chiede cosa resterà della voce e delle parole delle donne in Afghanistan. Qualche giorno dopo, le strade della capitale e di altre città come Herat nell'Ovest del Paese, vengono percorse da cortei di attiviste per rivendicare il proprio diritto al lavoro, all’istruzione e alla partecipazione al governo.
Una lotta necessaria perché, nonostante le promesse di un governo inclusivo, il portavoce dei taliban, Zabiullah Mujahid, durante la sua intervista a Repubblica aveva precisato che le donne non vi avrebbero ricoperto ruoli importanti, ma che tuttavia avrebbero potuto, ad esempio, lavorare nei ministeri, nel corpo della polizia o nella magistratura come assistenti.
Mentre in Afghanistan si attende la formazione del nuovo governo, nel mondo si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà nei confronti delle donne. Una settimana fa l'iniziativa di Economy of Francesco ha coinvolto diverse città e numerose associazioni in un impegno corale a sostegno dei loro diritti e della loro libertà
In passato, la rigida applicazione della legge islamica aveva portato alla graduale scomparsa delle donne dallo spazio pubblico e alla persecuzione degli oppositori. Per questo è più che mai indispensabile che sull'Afghanistan non si spengano i riflettori e che con il passare dei mesi non venga meno la mobilitazione della comunità internazionale e della società civile, lasciando il posto all’indifferenza.
Oggi, alle democrazie occidentali tocca la scelta se credere alle bugie dei dittatori per salvare le economie, sacrificando i diritti umani, oppure sfidare la disinformazione e trasformare i diritti umani in una formidabile arma di pressione su questi regimi.
Le stesse società che sono attraversate in questi anni dalla mobilitazione per la parità di genere e per il rispetto delle proprie donne non possono chiudere gli occhi all’altezza dei propri confini geografici e accettare passivamente o in silenzio la brutale violazione dei diritti delle donne afghane. Sarebbe più grave la contraddizione, che la paura di perdere una battaglia così complessa.
Difendere i loro diritti, mobilitarsi attivamente perché non vengano stuprate, schiavizzate e imprigionate sotto il burqa è un cruciale banco di prova per ogni democrazia e, in ultima istanza, per ognuna di noi.
Più ci batteremo per loro, più avranno la forza di resistere, difendersi, avere speranza.