Oltre un milione di persone, tantissime donne, molti uomini. Una marcia rosa composta da un popolo arcobaleno: rappresentanti delle comunità LGBT, donne nigeriane, mussulmane con il velo rosa sotto lo hijab e immigrati. Una protesta, quella che ha pacificamente invaso le strade di Washington – e del mondo – sabato 21 gennaio, che inizia con il voler difendere i diritti delle donne e finisce con il difendere i diritti di tutti. Tutti quelli che non si sentono rappresentati dal neo Presidente americano. Proprio contro Donald Trump, si scagliano i cartelli del lungo corteo di cappellini rosa che dalla Independence Aveneu e da Third Street arrivano fino alla Casa Bianca.
La proposta di marciare sulla capitale indossando un berrettino rosa nasce lo scorso novembre, in seguito all’elezione di Trump. L’idea parte da un’ex giudice delle Hawaii, Teresa Shook, scandalizzata dal presidente, dal suo atteggiamento spesso irrispettoso nei confronti delle donne e delle persone svantaggiate. Attraverso facebook e altri social fa il giro del mondo. E molte organizzazioni, nazionali e internazionali, aderiscono. Gli americani per salvaguardare progetti come l’Obamacare, che garantisce copertura sanitaria a tutti gli americani e il Planned Parenthood, che assiste moralmente ed economicamente le donne che vogliono interrompere la gravidanza. Tutti gli altri per difendere minoranze e diversità. I loro diritti. Diritti delle donne in primis. Diritti di tutti i cittadini.
Ma la manifestazione di Washington, organizzata e coordinata attraverso un sito web, un’app creata appositamente e diffusione social (#WhyIMarch), ha avuto risonanza in tutto il mondo. E attraversando i continenti si sono contati circa 670 cortei da Sidney a Barcellona. In Europa, grande marcia a Londra (80mila persone tra cui il sindaco Sadiq Khan), così come Marsiglia, Stoccolma e Atene. E ancora Toronto, Denver, Los Angeles, fino a Bangalore, in India. Tra le città asiatiche invase dai berretti rosa anche Seul e Tokyo. Cortei anche in Italia, tra Firenze, Roma e Milano dove un centinaio di donne, tra cittadine statunitensi e femministe italiane, hanno manifestato in piazza Scala. Un mondo diventato, per un giorno, un unico popolo, un lungo serpentone di volti e consapevolezza.