Entreranno in circolazione nel corso del mese, ma l’idea era stata lanciata ancora nel 2002 dalle donne del Partito islamico della felicità.
Siamo in Turchia, dove nelle prossime settimane prenderanno vita gli “autobus rosa” dedicati al trasporto di sole donne. Sono molti, però, i Paesi del Medioriente e non, in cui questa proposta è già realtà. Come in Egitto, Iran, India e Giappone; ma anche Brasile e Messico.
La suddivisione degli spazi vitali tra donne e uomini è un concetto che continua a proliferare. Come accade a Baghlan, in Afghanistan, dove è stato aperto un ristorante tutto al femminile. «Molte famiglie non permettono alle donne di recarsi in ristoranti gestiti da uomini. Qui ci sono solo donne, così tutte possono sentirsi a loro agio», spiega una delle cuoche.
Ma perché dividere? Oltre alla questione culturale, può essere un modo per prevenire la violenza sulle donne? Può essere questa la soluzione?
Il dubbio è lecito. Basta sfogliare le pagine dei giornali per rendersene conto. Mentre la Commissione Europea vara un piano triennale strategico a favore della parità di genere, l’Italia arranca per difendere valori base, come il rispetto reciproco. Notizie di violenze e abusi su donne e ragazze sono diventati, nell’ultimo periodo, cronaca quotidiana.
Il nostro Governo, da alcuni anni, diffonde bandi per promuovere progetti per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere. Ma non basta. Firenze, Rivalta, Brescia, Bergamo, Rimini, Milano sono solo alcuni fatti, molti altri non sono nemmeno passati attraverso i media, di altri ancora non si sa nulla. Perché promuovere non basta. Bisogna muovere.
Muoversi, tutti e tutte.
Agire, partecipare, educare i bambini, le bambine, far riflettere gli insegnanti e i genitori sul fatto che si può essere al sicuro senza essere divisi, perchè le donne non avrebbero bisogno di protezione se certi uomini, emulando certi modelli culturali, non fossero violenti.