Non solo #MeToo, ora bisogna fare i conti anche con loro: il movimento femminista del Cile è sceso di nuovo in piazza con manifestazioni a Santiago e nelle principali città del Paese, per chiedere un'istruzione non sessista, parità di genere e più sforzi contro la violenza di genere.
Tamburi, canti, danze e slogan hanno caratterizzato la marcia organizzata dal Coordinamento femminista universitario, che ha attirato studenti, migranti, madri e lavoratrici a manifestare in tutto il Paese. Donne a torso nudo, con cartelli con scritto "non sono nata donna per morire solo per il fatto di esserlo", si sono ritrovate di fronte al Centro Cultural Gabriela Mistral.
Le giovani si sono fermate presso la sede dell'Università Cattolica di Santiago per denunciare l'ex preside della Facoltà di Matematica e docente dell'ateneo, Martin Chuaqui, accusato dall'ex moglie di violenza domestica. Il suo caso è stato uno dei motivi che hanno portato all'occupazione storica della sede dell'ateneo la scorsa settimana. "Noi siamo la forza del nostro Paese", "Abbasso il patriarcato che cadrà. Viva il femminismo che vincerà", hanno gridato i manifestanti, che hanno anche accusato il presidente cileno Sebastian Pinera di essere maschilista con slogan lanciati al passaggio davanti al palazzo La Moneda, sede del governo del Paese.
"L'appello è quello di fermare il dialogo con il governo. Chiediamo le dimissioni del ministro della Pubblica Istruzione, perché non è un interlocutore valido", hanno detto i manifestanti negli interventi finali della manifestazione. "Il governo è maschilista e vuole che ci fermiamo. Dobbiamo continuare a lottare per tutte le donne in Cile. Siamo la resistenza del nostro Paese. Eravamo un'onda e siamo diventati uno tsunami femminista".