Martedì, 09 Gennaio 2018 20:55

La scuola dei cognomi difficili

È un periodo di open day, presentazioni delle scuole, panico da iscrizioni. E allora rispuntano puntuali certi discorsi: “se ci sono gli stranieri si resta indietro col programma, non si possono fare gite, ci sono un sacco di problemi…”
Ma è proprio così? Vediamo come la pensano due genitori, una mamma e un papà, di una scuola multietnica come la Casa del Sole.

Sumaya:
Mio marito e io abbiamo scelto il Trotter due volte e prossimamente lo vorremmo fare ancora con il terzo figlio. Ci piaceva proprio l'idea di una scuola nel parco che ha caratteristiche uniche e possibilità che altre scuole non hanno e ci piaceva la pluralità dell'utenza.
Vorrei però puntualizzare alcune cose: i ragazzi nati qui o cresciuti fin dalla materna e prima parte delle elementari non possono essere contati fra gli stranieri insieme agli "appena arrivati". I primi sono perfettamente parlanti italiano e hanno risultati e attitudini nella media dei coetanei e non hanno problemi che possono avere i secondi. Possono presentare delle specificità dovute alle famiglie che in non pochi casi non parlano italiano e fanno fatica a interagire con la scuola e a seguire i figli e quindi vanno offerte delle soluzioni. Eppure questi bambini e ragazzi ce la mettono tutta e fanno quello che devono fare (con le eccezioni che si trovano anche tra gli italiani doc).
Altra cosa però sono gli appena arrivati che ovviamente non possono essere concentrati nelle classi e allora i conti per distribuirli devono essere rigorosi.
Vanno governate le iscrizioni dei bambini stranieri ma anche degli italiani. L'equilibrio va trovato fra tutti e servono regole certe e scritte, non basta affidarsi alla buona volontà di pochi, perché non sempre funziona.
La scuola è il principale laboratorio di vita, è qui che si impara a coesistere civilmente, la solidarietà, il rispetto delle regole.
Nessuno deve aver paura della diversità.

Mauro:
Ho due figlie, una di 11, l'altra di 6.
Tra le due c'è esattamente un ciclo scolastico delle elementari.
Abbiamo mandato la seconda nella stessa scuola della prima, il "famigerato" Trotter, tra via Giacosa e via Padova, e abbiamo dunque toccato con mano la progressiva fuga degli "italiani," poco propensi a mandare i propri figli in classi dove la maggior parte dei bambini hanno cognomi difficili da pronunciare.
Da una all'altra c'è stato infatti un crollo di presenza italica certificata (parlo di cittadinanza italiana) e oggi mia figlia è in una classe di 20 bambini di cui solo 3 italiani "doc".
Ora, reggetevi forte!
A lei importa qualcosa? No.
Gioca con bambini milanesi di ogni provenienza (filippini, ecuadoregni, boliviani, cinesi, egiziani ecc.), impara a leggere e a scrivere insieme a loro e si diverte.
Io sono diventato rappresentante dei genitori e posso testimoniare che in effetti è difficilissimo pronunciare e ricordare i nomi di tutti e che quindi li sbaglierò sicuramente.
Ma di nuovo, reggetevi fortissimo!
A loro importa qualcosa? No.
Quelli più pazienti si scelgono un nome finto italiano per venirci incontro, gli altri si rassegnano serenamente al fatto che pronuncio male il loro nome come loro pronunciano male il mio.
Per il resto ci intendiamo a meraviglia, facciamo circolare le informazioni che servono su un gruppo whatsapp, abbiamo tirato su una bellissima festa di Halloween e siamo una classe talmente normale da risultare quasi banale.
Ma con un piccolo valore aggiunto: ci godiamo la scuola più bella di Milano, immersa nel verde di un parco immenso, senza macchine e con un trionfo di spazio, prati, panchine, alberi, scivoli e altalene ad allietare ogni nostra entrata e uscita scolastica.

Insomma, a quanto pare iscrivere i propri figli in una scuola multietnica è un’esperienza didattica, educativa e di vita unica e straordinaria sia per i nostri ragazzi sia per noi genitori.

Last modified on Martedì, 09 Gennaio 2018 21:16

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