Il primato della Cultura sulla Natura costella da secoli il sapere umano: la prima, connessa alla “civiltà umana” e ai suoi progressi, avrebbe avuto il compito di “domare” le forze selvagge della seconda e asservirle al proprio utile.
Da qualche decennio questa secolare contrapposizione si è rivelata nefasta e nell’era dell’antropocene ne raccogliamo i frutti amari, anzi, velenosi.
Nel 2021 avevamo già fatto menzione del geo-costituzionalismo perché il vero garante del “benessere” non è lo Stato ma la Natura e il “contratto sociale”, fondamento della “democrazia”, dovrebbe essere preceduto da un “contratto naturale” che riconosca la vitale interdipendenza fra umanità e Natura.
Per tutelare la Natura, l’8 febbraio scorso anche il Parlamento italiano ha modificato gli articoli 9 e 41 della Costituzione esplicitando che la libera attività economica non potrà più nuocere alla salute e all'ambiente.
In realtà, più di 100 Paesi tutelano l’ambiente nella propria Costituzione ma spesso non onorano la loro “legge suprema”. Basti pensare al governo del Brasile, che distrugge l’Amazzonia, o anche a quello della “virtuosa” Norvegia, che dal 1992 tutela l’ambiente nella propria Costituzione ma nel 2020 ha visto l’interesse economico prevalere sulla difesa della Terra.
Un rapporto dell’Agenzia Onu per l’ambiente, pubblicato nel 2019, ha svelato il paradosso: dal 1972 tante più leggi, anche a livello costituzionale, tutelano la Natura, ma l’emergenza climatica e ambientale procedono inesorabilmente. Come mai?
La “nuova scoperta” è che senza una Cultura che coltivi in modo continuativo il rispetto per la Natura, di cui noi esseri umani siamo parte integrante, non c’è futuro: la Cultura deve essere a servizio della Natura, non viceversa.
E la stessa scienza, paladina dei progressi delle civiltà umane, non potrà esimersi.
La fame di energia non si risolve bruciando più combustibili fossili ma agendo coraggiosamente con una drastica riduzione degli sprechi, invero scandalosi, di molte “società avanzate” e con una seria ricerca di fonti energetiche sostenibili e non inquinanti: adesso!
La fissione nucleare, oggi, consuma molta più energia di quella che genera. Paola Mantica, del Cnr, lo ha detto il 9 febbraio a “Effetto Notte” su Radio24: «Il progetto Iter (International Thermonuclear Experimental Reactor) ha un costo di circa 25 miliardi di euro, molto poco rispetto a quanto si spende in armamenti, ma un reattore potrebbe forse cominciare a produrre elettricità nel 2050».
Mentre le comunità energetiche possono contribuire a generare più energia pulita, adesso!