Avete mai sentito parlare del Patto globale sulle migrazioni?
È da aprile 2017 che le delegazioni delle nazioni aderenti all’Onu ci stanno lavorando. Anche quella italiana.
Lo scorso gennaio ne avevamo fatto menzione citando la Dichiarazione di New York del 20 settembre 2016 e il processo da essa originato: «I larghi movimenti di rifugiati e migranti hanno ramificazioni politiche, economiche, sociali, per lo sviluppo, umanitarie e di diritti umani che oltrepassano ogni confine. Questi sono fenomeni globali che richiedono approcci e soluzioni globali».
In effetti le consultazioni per elaborare il Patto globale sui rifugiati e il Patto globale sulle migrazioni, che sono distinti, sono state ampie e prolungate: lo scorso 13 luglio si sono conclusi i negoziati per il secondo, frutto di mediazioni non sempre facili.
Fino a oggi non ne esiste traduzione in lingua italiana, ma il sito Vita ha spiegato Perché il global compact sulle migrazioni conviene all’Italia.
Nessuno Stato può gestire da solo i flussi migratori nella loro immensa complessità: sono come liquidi in vasi comunicanti.
Se in passato l’Italia ha rimproverato all’Europa di essere stata lasciata sola nel gestire l’emergenza immigrazione, perché dovrebbe rinunciare proprio adesso a un patto globale, peraltro non vincolante, ovvero non lesivo della sovranità nazionale, che garantisce di gestire le migrazioni con una concertazione e una collaborazione mai avvenute prima?
I 23 obiettivi enunciati nell’accordo globale non spalancano le frontiere: cercano di rendere la mobilità umana più sicura e ordinata. Suggeriscono come regolarla.
Ne elenchiamo alcuni:
1) Raccogliere e utilizzare dati accurati e disaggregati per elaborare politiche basate sull’evidenza.
2) Ridurre al minimo i fattori strutturali e le condizioni avverse che forzano le persone a lasciare il loro Paese di origine.
4) Garantire che i migranti abbiano identità legalmente accertata, corretta identificazione e documentazione.
5) Migliorare la disponibilità e flessibilità di canali migratori regolari.
6) Rendere possibili modalità giuste ed etiche di assunzione per assicurare condizioni decenti di lavoro.
9) Rafforzare il contrasto transfrontaliero al traffico di migranti.
10) Prevenire e combattere la tratta di persone nell’ambito delle migrazioni internazionali.
11) Gestire le frontiere con modalità integrate, sicure e coordinate.
21) Collaborare a rendere possibile, un ritorno, una riammissione e un reintegro che siano sostenibili e dignitosi.
22) Stabilire meccanismi che permettano la portabilità dei trattamenti pensionistici e indennità maturati.
Allora, di cosa ha paura il Ministro dell’Interno, che esclude la partecipazione dell’Italia all’imminente ratifica del Patto?
Bene che se ne parli in Parlamento, ma senza pregiudizi ideologici: non siamo tutti Paesi di origine, transito e destinazione?