Giovedì, 28 Aprile 2022 10:33

Il cibo che cura

“Andar per erbe” è un’attività antichissima, una pratica umana che accomuna tutte le epoche e tutti i continenti e, attraversando le stagioni, coltiva un legame prezioso tra umanità e natura

Fino a qualche decina di anni fa questa pratica era diffusa tra la popolazione rurale e contadina, ma aveva una consolidata base scientifica nell’alimurgia: dalla contrazione del latino alimenta urgentia (nutrimento in caso di necessità) il medico e naturalista Giovanni Targioni Tozzetti nel 1767 aveva coniato questo termine per indicare lo studio di alimenti selvatici che possono diventare cibo prezioso in tempo di “carestia” grazie alle vitamine, minerali e altri fitocomplessi che apportano. Più resistenti di quelle coltivate, le erbe spontanee non necessitano di particolari trattamenti e risultano meno danneggiate dagli eventi climatici estremi: quando il cibo scarseggia, loro si offrono gratuitamente a provvederne un po’.

Di generazione in generazione
Fino alla fine dell’Ottocento, la dieta quotidiana dei ceti meno abbienti era composta in gran parte da cibo selvatico, perché l’agricoltura intensiva non esisteva e quanto veniva coltivato era destinato ai ceti abbienti.

La pratica di raccogliere nei prati e nei boschi muschi, funghi e vegetali cresciuti in modo spontaneo o parte di essi (foglie, radici, semi, fiori, corteccia e linfa) era fondamentale per l’alimentazione e veniva tramandata di generazione in generazione, come pure la raccolta di molluschi di acqua o di terra. Seppur con differenze culturali per la scelta dei prodotti e la loro trasformazione a uso alimentare, tutti i popoli la praticavano per la propria sussistenza, e in tempo di guerra e carestia cibi e bevande erano garantite da questa usanza ancestrale, ricca di antichi saperi e sapori.

Doppio beneficio
Oggi questa pratica, chiamata con termine inglese foraging (cercare cibo nella natura), sta tornando in auge per altri motivi. Sempre più persone, tra loro anche molte giovani, scoprono i benefici che la natura offre, perché “andar per erbe” fa bene due volte: la prima quando le raccogliamo e la seconda quando le mangiamo. La raccolta diventa un prezioso momento di contatto con la natura, magari da vivere insieme ad altre persone: l’attività fisica, leggera e salutare, è allietata dalle fragranze che si respirano e, al mutare delle stagioni, dalla varietà dei colori. Così “andar per erbe” rende più consapevoli della bellezza della creazione, dei suoi cicli e della sua meravigliosa biodiversità.

In un momento storico gravato da tante criticità, incluse la crisi economica, la guerra in Ucraina e gli effetti prolungati della pandemia, le passeggiate di immersione nella natura donano ogni giorno un po’ di benessere. “Andar per erbe” diventa allora opportunità di abbinare un’uscita salutare e rasserenante a inattese scoperte: il solo “allenare” l’occhio a riconoscere la varietà di erbe e piante educa a un modo nuovo di relazionarsi con l’ambiente e cambia profondamente anche il modo di guardare. Il verde non sarà più lo stesso: imparare a prestargli attenzione con “occhi diversi” permette di notare sempre di più la bellezza e l’unicità delle piante, e di chiamarle per nome. A ciò si aggiunge la gratificazione di raccogliere foglie, fiori o semi aromatici che aggiungono un tocco speciale a ciò che ci nutre.

Quelle piante così utili …
Da qualche anno, sia a livello privato che di ristorazione professionale e relativi percorsi formativi, sta crescendo l’interesse per le piante fitoalimurgiche. Le usano chef di fama, ne trattano riviste e libri di benessere, e anche le realtà di agriturismo sostenibile più rispettose dell’ambiente le valorizzano per i loro molteplici benefici; ma per far tesoro dei loro principi nutritivi, dei loro colori e dei loro aromi questi ingredienti spontanei dobbiamo conoscerli bene. Sono già oggetto di studio in appositi corsi, anche a livello universitario; però alla conoscenza teorica deve seguire un’adeguata pratica di riconoscimento e raccolta.

Le piante spontanee utilizzabili a scopo alimentare sono tantissime e altrettante le possibilità di loro trasformazione culinaria, ma possono essere confuse con piante tossiche o velenose che pongono seri rischi per la salute. Alcune si limitano a procurare un fastidioso mal di pancia, ma altre causano avvelenamenti anche molto gravi; pertanto diventa vitale rivolgersi a persone competenti e preparate per imparare a riconoscere le piante spontanee, raccoglierle in ogni stagione in modo sicuro e sostenibile, e trasformarle in cibi sani e salutari.

… da conoscere bene
Raccogliere erbe e altri prodotti selvatici richiede la massima concentrazione e una buona conoscenza del mondo vegetale e degli ecosistemi. Testi specialistici corredati da schede e immagini possono offrire un’introduzione per iniziare il percorso di “andar per erbe”, ma non sono sufficienti per praticarlo in modo consapevole e sicuro.
Le fotografie sono dimostrative, ma è importante toccare, annusare e analizzare le piante dal vivo per imprimerle nella nostra memoria.

Per muoversi con dimestichezza e confidenza tra fronde e praterie di commestibili è meglio farlo sotto la guida di una persona esperta. All’inizio la sua presenza aiuta a sciogliere i dubbi e ad allenare l’occhio a riconoscere le piante con certezza. Le applicazioni digitali di riconoscimento non offrono la stessa garanzia, e anche le indicazioni di chi si definisce “praticante da tempo” devono essere verificate con cura.

Tra benessere e malessere
La sicurezza alimentare in relazione al cibo vegetale “spontaneo” richiede attenzioni che valgono anche per ogni altro cibo. In confronto della moltitudine di specie di piante che crescono da sole, quelle velenose sono poche, ma anche vegetali “innocui” possono risultare dannosi per la quantità assunta e per la sensibilità individuale ad alcuni loro componenti. Lo stesso cavolo coltivato, per chi ne fa uso eccessivo, può causare il gozzo, mentre il consumo esagerato di cipolle può indurre anemia, e dosi elevate di noce moscata causare giorni di tremende allucinazioni.

Per quello che raccogliamo dalla natura incontaminata valgono le stesse buone regole: non esagerare e non consumare lo stesso prodotto ogni giorno per un lungo periodo. Inoltre, per scongiurare rischi di allergie da prodotti selvatici, quando si assaggia per la prima volta un alimento è consigliabile testarne solo una piccola porzione.
Per preservare i delicati equilibri naturali e l’esistenza stessa delle piante che ci apprestiamo a raccogliere è importante attenersi alla “giusta quantità”: anche gli ecosistemi esigono rispetto.

Last modified on Martedì, 24 Maggio 2022 12:59

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