La violenza, nelle sue molteplici forme, sfigura la vita. Sempre.
C’è chi la considera ineludibile compagna dell’umanità e chi invece ne prospetta il superamento adoperandosi, nel passato e nel presente, a individuarne le radici e risanarle.
La vita di Gesù di Nazaret ha smascherato gabbie culturali asfissianti per donne, stranieri, malati... Altre religioni, ai loro albori, hanno fatto altrettanto, ma nel tempo sono spesso diventate a loro volta gabbie opprimenti e violente, forgiatrici di stereotipi che spesso ingabbiano le persone in ruoli di dominio o di marginalità.
Queste pagine, in continuità con il dossier di marzo 2017, “Educarsi alla partnership”, coniugano riflessioni e pratiche: cercano di smascherare le radici violente che imbrigliano tante società umane e, allo stesso tempo, fanno luce su alcune iniziative in atto per dissolverle. A ogni latitudine. Si tratta in prevalenza di proposte educative, formali e informali, perché le radici della violenza sono anzitutto culturali: prosperano sul terreno accidentato delle contrapposizioni.
La “differenza di genere”, biologicamente espressa da maschile e femminile, merita particolare attenzione perché è in sé stessa “generativa”, ovvero indispensabile a “generare nuova vita”, come spiega in apertura di dossier Cristiana Ottaviano, docente di Sociologia dei processi culturali all’Università di Bergamo. Eppure è spesso tormentata dal sopruso: «Il femminismo degli anni Settanta ha evidenziato le gabbie che molte società hanno imposto sulle donne, ma non quelle che hanno imposto sugli uomini», precisa la Ottaviano.
Basta uscire dal guscio della propria comunità per confrontarsi o scontrarsi con modalità altre di vivere la relazione “generativa”: le varie forme di matrimonio forzato, fra cui anche la pratica del “matrimonio di sorelle” (cfr. pag. 46) o quella di “ereditare la vedova” del congiunto, sono diffuse in alcune etnie. Anche in “civilissime” nazioni, però, le relazioni più intime risultano spesso sfigurate dal sopruso. I dati elencati nelle pagine curate da Telefono Rosa lo palesano.
Ma dai molteplici contributi del dossier scaturisce un invito insistente: non aver paura di smascherare le radici culturali della violenza, perché chi maltratta spesso ha subìto a sua volta maltrattamenti.
Al di là dei toni cupi, evidenziati da tanti rapporti sulla violenza di genere e sulla violenza in generale, esiste il colore vivificante del rispetto fra uomo e donna, fra persona e persona, fra popolo e popolo. Risana, fa respirare, dona il sorriso.
Emerge nella tela di Chagall come unico squarcio di colore e di luce, ed emerge anche dalle articolazioni di questo numero. Esplorazioni audaci, offerte dall’Agenda latinoamericana 2018 e dalle rubriche di Stella Morra e Felice Tenero, si alternano a pratiche che nutrono l’ascolto e il rispetto: in Italia e altrove. In Brasile è in pieno svolgimento la Campagna di fraternità 2018: è incentrata sul superamento della violenza e coinvolge milioni di persone.
Sono esplorazioni e pratiche diverse, ma tutte convertono la contrapposizione in collaborazione, e permettono di vivere meglio la generatività.